Claudio Romo
|
||||||
VERSIONE ITALIANA: Un plauso alla Logos Edizioni, che mi ha gentilmente inviato subito una copia promozionale per poter scrivere la recensione di questo undicesimo libro dell'autore ed illustratore cileno Claudio Andrés Salvador Francisco Romo Torres, il secondo per la piccola casa editrice indipendente di Modena. Romo è anche dal 1997 un insegnante di disegno, incisione, illustrazione e narrazione per immagini presso l'università di Concepcion in Cile. La nuova fatica letteraria esce nel 2016 in un formato leggermente più piccolo dell'A4, è a colori, con copertina rigida, e anche solo guardando il fronte e retro della copertina e sfogliando le illustrazioni interne si capisce immediatamente che Romo è fortemente debitore non solo di Jorge Luis Borges, Adolfo Bioy Casares e Francisco Coloane, ma pure dello stile di Hyeronimus Bosch, Albrecht Dürer e di tutto l'immaginario bestiale medievale, nonchè di autori contemporanei come Hornst Janssen, Francis Bacon, Lucian Freud, Otto Dix, gli espressionisti tedeschi, o dei fumettisti Enrique, Alberto e Patricia Breccia, e Moebius; con il mondo delle copertine e dell'artwork del Metal estremo vengono in mente parallelismi con gli artworks dei Nuclear Death ed artisti simili. Mentre nei disegni interni l'autore ha usato una matita bianca su uno sfondo nero, in quelli esterni - tutti diversi a parte quattro - Romo ha utilizzato pastello e acquarello in maniera egregia ed estrremamente dettagliata aggiungendo solo nella copertina i raggi ed il titolo, disegnati al computer. Tutto il resto resta rigorosamente analogico, cioè fatto a mano. Il racconto che accompagna il lettore, tradotto da Federico Taibi, è quello di un'entità non precisata chiamata Apparitio Albinus, che possiede un giardino popolato da fantasmi di creature ibride animali-vegetali-meccaniche. Il primo disegno, "La fonte", raffigura un calice miracoloso che consente a chi vi si mmerge di ringiovanire; purtroppo però, un dio geloso tramuta gli uomini che escono dal calice in mutanti vegetali, ad esempio una donna con una rosa al posto della testa. Le beute, di cui una dotata di zampe come molti altri oggetti che si incontrano nelle pagine successive, ed il calice contengono tuttavia un errore madornale di prospettiva ben visibile nelle ellissi imperfette che viene parzialmente perdonato dallo splendido dispiegamento di sfumature e da una scelta di colori come l'azzurro, il verde e l'arancione in tonalità che colpiscono sempre chi le ammira. Va inoltre menzionata l'enorme pazienza profusa nel definire con la matita i motivi presenti sul calice, ed i mattoni della fornace cilindrica a destra. "L'automa gigante" è il disegno seguente, dove si vede un robot mastodontico armato in stile arabo che ha lasciato l'esercito musulmano presso cui era arruolato perchè stanco della violenza e dei morti innocenti a causa delle armi da fuoco. Si tratta quindi di una macchina che prova dei sentimenti, e che perciò possiede inspiegabilmente un lato umano inatteso. Esso prega Allah di essere misericordioso con lui, ed ha deciso di diventare un rifugio per uccelli nel tranquillo giardino mediterraneo di Albinus baciato dal tramonto o dall'alba. Possiamo ipotizzare poi che Albinus sia il piccolo uomo che osserva il robot nella parte bassa destra del disegno. Introdotto da un breve passaggio a firma di William Blake si staglia il terzo disegno intitolato "I forni dalle radici profonde", nel quale forni giganteschi composti da mattoni dal volto vagamente umano, con braccia che partono dal collo impugnando scimitarre, e appoggiati su colline che costituiscono i loro corpi, non sono altro che un insieme di cimiteri dotati di ciminiere fumanti in cui gli uomini che vi entrano scendono poi fino a raggiungere i loculi che li attendono con i loro nomi già incisi. Notevolmente apprezzabili sono le pupille, costituite da teschi, ed i rami secchi che riempiono il paesaggio ed in secondo luogo hanno la funzione di separare i diversi forni. "La macchina fantasmagorica" riguarda una macchina fotografica con globo oculare e cavi che proietta l'immagine di un amico divenuto deforme a causa di un'esposizione prolungata. Col tempo Albinus e l'amico hanno capito che le foto rubavano l'anima alla persona e la carne, riducendo i corpi in materia ectoplasmatica e conducendo di fatto alla morte. Due aspetti da notare sono che malgrado la consistenza dell'amico sia ormai solo eterea, sono comunque ben visibili il suo cuore e le sue vene, ed in seconda battuta che l'amico ha una escrescenza sulla testa simile alla cresta di un tritone; tale motivo è piuttosto frequente in parecchi disegni che si trovano nelle pagine a venire. Sulla scia dei Fremen nel desertico pianeta Arrakis, "Gli aracnidi meccanici" vede come protagonisti dei minuscoli uomini divisi dalla religione ed in particolare dai miti della creazione, ulteriormente differenziatisi in clan nomadi che vivono su città-stato mobili, che altro non sono che gli stessi ragni di ferro che usano per cacciare. Attorno ad essi tutto è enorme, e persino i funghi e l'erba sono più alti dei ragni. Come suggerisce il titolo, "Flavia, la ginoide scrivana" vede disegnata un'automa dalle fattezze femminili che scrive libri a proposito delle storie delle civiltà in cui ha vissuto, tutte scomparse. Lei è stata progettata per costruire un'umanità di tipo meccanico scevra da monoteismi, anche se va precisato che Flavia è appartenuta per un certo periodo ad un sovrano Maya, ed i Maya, come tutte le civiltà precolombiane, erano notoriamente politeisti. Ancora una volta va dato merito alla certosina pazienza nel rappresentare il roseto alle spalle della ginoide, ma anche alle piume conficcate nel copricapo, come pure ai due teschi presenti nella biblioteca, uno alieno ed uno umanoide. Ma il capolavoro del libro è a mio avviso "La macchina del tempo", una crononave concepita per esplorare i misteri della materia e del futuro dell'esistenza del suo costruttore, che però alla fine non fa altro che far uscire sette cadaveri (e non otto come reso nella traduzione) nudi. Il costruttore riconosce se stesso in quei vecchi corpi e capisce che vengono dal futuro per avvertirlo di non usare più la macchina, ma la macchina non può essere distrutta a causa di una arcana forza, nè tantomeno il laboratorio che la contiene. La morale della storia è quindi duplice: da un lato si tratta di un'esortazione a non sprecare il poco tempo che ci viene concesso, e dall'altro si ricorda che la morte arriva inesorabilmente per tutti. Chi segue la scena Death Metal avrà sicuramente osservato una forte somiglianza coi corpi presenti nella copertina di "The fathomless mastery" dei Bloodbath. Uno dei pochi disegni in forma ovale, "Gli insetti", narra invece di esseri per metà pupe bipedi di una farfalla e per metà stami di magnolia che si fondono alla perfezione il 23 settembre di ogni anno sulle coste oceaniche del pianeta Solaris. Uno di questi ha appena partorito quattro uova in un angolo remoto del giardino, ma esiste anche subito dopo un altro disegno che lo schematizza in tre parti usando lo scolastico color seppia. Di aspetto millenario, e partecipe alla creazione cosmogonica di soli e pianeti, "Il demiurgo' è una testa con sei paia di occhi che nutre esseri umani col proprio fluido nucleare, li riscalda con il fuoco che esce da un buco-vortice che ha sulla testa, e dà loro la sua intelligenza e forse la sua vita. Oltre al fuoco è fornita di un tubo che va a rifornire di energia due ampolle contenenti una donna ed un uomo svenuti che hanno delle teste irte di punte e delle braccia molto piccole e corte. Il disegno è di diffcile interpretazione e rimane uno dei più criptici e destinati a variegate esegesi, ma ha un alone di invecchiamento artificiale dato dal colore della carta. Le punte sulle teste appena viste sono molto simili a "La mandragora", pianta-radice dotata di due gambe e un paio di scarpe, particolare frequente nelle opere dell'artista sudamericano; essa è nata dal seme di un condannato a morte, e fugge per non essere uccisa. Infatti il brodo viola ottenuto dalla sua carne purifica il sangue dalle tossine, e la pianta cresce muta per non essere scoperta dai tanti suoi cacciatori, consapevole che la sua voce melodiosa (!) potrebbe rivelare la sua presenza. Anche qui, per la seconda volta, abbiamo a che fare con un disegno di forma ovale invece di quella rettangolare classica. Ancora una volta Albinus si trova di fronte una creatura bizzarra parecchie volte più grande di lui, che adora riprendere con una vecchia cinepresa dal suo giardino, "L'alebrije"; esso è nato da una serie di sogni sequenziali dopo una costante assunzione di stupefacenti, e per natura può essere piacevole od orrorifico. Difficile stabilire se quello che ha davanti sia pericoloso o meno, come pure se sia di sesso femminile o maschile; quel che è certo è che Romo ha espresso il massimo del suo talento in questo disegno. L'alebrije che appare qui è un po' mela, pesce, cavalletta, farfalla e un po' umano. La mela che compone il viso infatti ha una bocca vegetale con una schiera di denti affilati non rassicuranti, ma anche occhi strabici da essere umano, mento, baffi, naso e sopracciglia ed oltre alle zampe da cavalletta (rigorosamente provviste di scarpe), ha due braccia umane scheletriche che depositano con cura le uova che escono dal suo grembo. Solo ora il minuscolo Albinus coi suoi occhiali neri e la sua barba corta e folta si rivela essere Romo in persona dopo aver confrontato il disegno con la foto messa sul suo profilo Facebook. "Il lottatore Lorenzo, soprannominato L'incendiario" è l'ennesima creatura che popola il giardino incantato di Albinus/Romo. Ogni lottatore qui ha poteri sovrumani, psichici, levitativi, termici, eccetera. Lorenzo è dotato di una morsa potentissima e della capacità di emettere fuoco ed incenerire l'avversario, ma il disegno raffigura un lottatore con mani di fuoco che escono dalle sue ferite e pugni di fumo che lo circondano, appoggiato su una fornace accesa. Lorenzo è la fornace o il lottatore? E se fosse il lottatore non dovrebbe avere un vortice di fuoco anzichè tanti piccoli fuochi che escono dalla carne? In mezzo a questi dubbi con cui Romo adora farci scervellare rimangono le certezze delle sue peculiarità: il lottatore ha arti piccoli e corti e lo sfondo viene arricchito da rovi che danno bacche rosse già incontrati in precedenza. Uno dei disegni che appare in bianco e nero all'inizio del libro è proprio "Il mimoide", una delle tante creature che vivono nell'oceano Solaris che si è formato nel giardino dopo lo schianto di una cometa la cui anima di ghiaccio si è liquefatta. Il mimoide è parte stessa di Solaris, ed è uno dei vari metodi comunicativi di cui la massa d'acqua dispone. Ciò che colpisce è che il mimoide ha diverse radici e macchie rosse che in parte sono fuori dall'acqua ed in parte si diffondono sprofondando nel terreno. Vi prego di guardare con attenzione le onde dell'oceano per rendervi conto della lentezza del tocco, della precisione, e della dedizione dedicate da Romo alla loro realizzazione. La tecnica di Claudio si colloca decisamente agli antipodi delle caratteristiche chiave dell'impressionismo. L'oceano del giardino di Albinus è anche pieno di "Meduse giganti", che collegano le città sommerse dei tritoni con la superficie trasportando esseri viventi e merci sul dorso o nelle loro pance. Quella in oggetto trasporta uno strano pesce alato con braccia e gambe che porta legato a sè un pugnale risalendo da un fondale poco profondo (si vedono distintamente dei raggi, peraltro ottimamente disegnati, penetrare nell'acqua). "Gli ittio-sicari" sono pesci mercenari che avevanno sconfitto gli umani per conto dei tritoni e li avevano scacciati dall'oceano; adesso per i tritoni svolgono invece il ruolo di incubatori delle loro uova fino a deporle sulla misteriosa Isola Cefala. Nel disegno si vedono i figli uscire dalle uova portate dal pesce trasportato dalla medusa summenzionata e tornare nell'oceano, vigilati da un tritone adulto. Il disegno viene reso più interessante da vicine costruzioni arboree a cipolla simili a quelle dei cremlini russi, dai pugnali che l'ittio-sicario porta legati a una cintura e che sono decorati con teschi dei coloni umani sconfitti, e soprattutto da un pugnale brandito a mano su cui è incisa una R, di certo non una casualità! Essere noto fin dall'antichità, "Il Behemoth" è connesso alla coscienza di Dio, e quello che appare qui è dotato di tanti occhi - anche laterali - una pinna, un'ala di pipistrello, e zampe di cavalletta. Vola e mette in mostra il suo dorso formato da una montagna, il suo ano, i lunghi peli sulla parte bassa del corpo, ed infine la bocca priva di denti. Arriviamo poi alla famosa "Isola Cefala", un'isola con testa umana da donna che piange, le cui mani emergono dall'oceano. L'isola possiede strade, un piccolo molo a cui è legata una barca, e una cascata esce da un orecchio. La sua bocca contiene inquietanti denti e i capelli legati in crocchi laterali sono in realtà due città fondate sul cranio del titano marino, i cui abitanti sono tutti cartografi nautici inaffidabili, poichè i territori rappresentati assumono la forma di immaginarie bestie ibride. "Aurelia Australe" è invece il nome di una città levitante il cui ambiente è stato trasformato telepaticamente dagli abitanti, la coscienza dei quali è fusa da generazioni con quella delle piante. La città è così famosa che astronavi di umani ed alieni vengono a visitarla in continuazione per imparare i segreti della loro prosperità, della pace raggiunta attraverso la meditazione e la filosofia, e per trovare risposte a quesiti che non potrebbero mai avere sui loro pianeti di origine. Esiste un'antichissima e longeva razza aliena immortale che non ha bisogno di acqua, naviga esplorando l'universo incontrando razze aliene e ne genera di nuove mediante semi fertili nei luoghi oscuri del cosmo dove sono rimasti solo buchi neri o soli vetusti. Si tratta de "I cosmonauti", esseri provvisti di otto braccia e collegati a coppie da arterie in comune che trasmettono energie e concetti al cervello dell'altro. Questo è il disegno più legato allo stile del fumetto. Atanasius Uterinus è un pianeta che orbita in una nebulosa tra i milioni di "Nebulose" presenti nel giardino di Albinus; essa contiene un 'sole', in realtà un nucleo che riscalda il suo interno e che consente la vita in città sviluppatesi dentro alle sue caverne. 5 oceani sono inoltre chiaramente visibili nel disegno che accompagna la descrizione. Il penultimo disegno è corredato da una frase ripetuta nella copertina posteriore del libro, che descrive il suo giardino senza confini come frutto della sua vivida immaginazione, e che è collegato ad infiniti altri giardini, cioè menti, ed una di queste è speculare alla sua, concetto espresso con una clessidra, da cui si capisce che il giardino dell'immaginazione appartiene a Romo e non a Dio. L'ultimo disegno è un autoritratto stilizzato (in cui la testa di Romo è racchiusa in uno scafandro il cui vetro è stato finemente realizzato dalle mani dell'illustratore) giustamente seguito dalla sua autobiografia. Questo breve libro rappresenta per me una felice scoperta di un artista mai sentito prima di cui voglio approfondire la conoscenza delle altre opere al più presto. |
||||||
| ||||||
Contacts: Logos Edizioni - Modena (Italy) Official site: https://www.facebook.com/logosedizioni/ Claudio Romo - Concepcion (Chile) Official site: https://www.facebook.com/ClaudioRomoTorres/?__tn__=%2Cd%2CP-R&eid=ARDhTAGJDoIpong8aqqXLjaYidNF7SvAF-CNTZd5n9cYqQPgrX2leiJ7k3eJbQ1Neq-gcDgNCu3VQqxe | ||||||